Pomeriggio ricco di emozioni per l’affollatissimo pubblico dell’Auditorium. Nove minuti di esecuzione per La Marcia slava (March Slave op. 31) di Pëtr Ilič Čajkovskij che  fu scritta nel settembre del 1876 in occasione di una beneficenza in favore dei soldati slavi, rimasti feriti durante la guerra serbo-turca .Sebbene l’autore non spiccasse per nazionalismo, l’opera fu composta con spirito prettamente slavo ma in modo battagliero per affrontare temi che rientravano maggiormente in episodi militareschi. Il tema principale, tratto da una canzone del folklore serbo ne inizia l’introduzione per svilupparsi con una perfezione orchestrale che troviamo solo in Čajkovskij, verso toni festosi e una splendida marcia in cui è evidenziato sempre di più il vecchi inno nazionale: l’Inno Zarista. Compatriota di Čajkovskij, Sergej Vasil’evič Rachmaninov amava considerarsi soprattutto un compositore, piuttosto che un pianista, anche se lo sviluppo della sua carriera – per certi versi tormentata, almeno agli inizi – fu la dimostrazione del contrario.Così avvenne che nell’ultimo periodo della vita integrò le sue composiazioni con temi di altri misicisti. È il caso del brano eseguito questo pomeriggio, Rapsodia su temi di Paganini per pianoforte e orchestra  op. 43, composta nella villa che possedeva a Lucerna, in Svizzera, nell’estate del 1934. Fu eseguita la prima volta e con grande successo il 7 novembre dello stesso anno a Baltimora sotto la direzione di Leopold Stokowski e l’autore stesso come solista. Elaborata sul tema del Capriccio n. 24 di Niccolò Paganini, tema che aveva ispirato in precedenza altri noti compositori come Robert Schumann, Franz Liszt e Johannes Brahms, si tratta di una composizione molto originale, soprattutto per l’idea di combinare il tema di Paganini con il cantus firmus del Dies Irae medievale, filone legato al giudizio divino dopo la morte. Una curiosità. Pare che negli ultimi anni Rachmaninov prima di eseguire la sua Rapsodia bevesse un bicchierino di crema di menta per una ‘performance’ migliore nei passaggi più veloci. A chiusura la famosissima Eroica, terza Sinfonia in Mi bemolle maggiore op. 55 di Ludwing van Beethoven. Composta nel 1803 trova la sua genesi nell’anno precedente quando l’Autore  scrisse il “Testamento di Heiligenstadt” che segna l’inizio della ricerca di una “nuova via” che dia forza al compositore tedesco per affrontare il suo stato di disperazione causato dal progressiovo aumento della sordità.  Dedicata inizialmente a Napoleone Bonaparte, dedica che in seguito disconoscerà in un impeto di sdegno dopo l’incoranazione a imperatore, la Sinfonia proprio per questa delusione fu definitivamente intitolata (in italiano) Sinfonia Eroica dedicata al sovvenire di un grand’uomo.Il cambiamento poco importa il quanto il capolavoro beethoveniano non è la sterile descrizione di un personaggio ma espressione di sentimenti eroici conseguenza del fenomeno”Napoleone”. In termini di filosofia kantiana, l’arte diventa rappresentazione reale di un’idea. Infatti Beethoven decide di andare ‘oltre’ la Musica per rimandarci  l’essenza del ‘bello’ artistico rappresentato in questo caso dal concetto di ‘eroico’. Disse bene Toscanini lanciandosi contro inutili tentativi di raffigurare un personaggio che potese incarnare le sublimi note: Non è Napoleone, non è Hitler, non è Mussolini, è allegro con brio!